Antonio Orsini all’inizio del 1900 scrisse: “Gli incoli impadroniti del territorio pensarono tosto di erigere una chiesa, a tosto la fecero dedicandola a San Iacopo, che dapprima andò soggetta all’Arciprete di Pieve.” Gli unici documenti ritrovati sulla fondazione della chiesa sono due sommari dell’inizio del secolo XVII che vennero prodotti per dimostrare l’appartenenza del giuspatronato che implicava anche il diritto di elezione del parroco, agli “uomini di Renazzo”, termine poi sempre usato per determinare i capifamiglia. Il primo riporta senza datare, la fondazione della chiesa dedicata inizialmente a S.Antonio, poi a S.Giacomo ed infine a S.Sebastiano, realizzata dagli uomini di Renazzo con l’approvazione del cardinale portuense Filippo Calandrini vescovo di Bologna ed alla presenza del vescovo di Siena suffraganeo del suddetto cardinale. A detta del Landi questa chiesa eletta a S.Giacomo (Iacopo) sarebbe sorta verso il 1460, l’anno della cessione da parte del vescovo di Bologna dei tre quarti della tenuta del Malaffitto ai pievesi e centesi. La data dell’erezione a parrocchia è il 1 giugno 1489 ad opera del vescovo d’Urbino che teneva il posto del vescovo di Bologna cardinale col titolo di san Pietro in Vincoli Giuliano della Rovere, colui che nel 1503 diverrà papa col nome di Giulio II. A quel epoca un vincolo ai cittadini li obbligava a versare al parroco, eletto da loro, le primizie del frumento e altre cose, e la nuova intitolazione a S.Sebastiano, in quanto santo e martirizzato a Roma fra la fine del III e l’inizio del IV secolo d.C., è un segno evidente che era una parrocchia prima di benefici. Infatti questo santo, citato spesso insieme a Fabiano, Rocco e Cristoforo in casi di gravi epidemie, ci salta agli occhi per le ondate epidemiche che si ripeterono con frequenza non di molto inferiore per tutto il XV secolo e fin verso il 1530, come afferma Lorenzo Del Palma. Inizialmente la chiesa di Renazzo fu sottoposta alla pieve di Santa Maria, capostipite di tutte le chiese della zona, comprese quelle di Cento, e di questo ne abbiamo le prove presso l’archivio parrocchiale di Pieve di Cento, dove compare la rappresentazione grafica di S.Sebastiano a Renazzo. Le tracce lasciate dalla chiesa di Renazzo ai suoi albori sono veramente poche, spulciando tra gli atti notarili di quell’epoca troviamo un lascito alla chiesa datato 22 settembre 1494 dove venne assegnato per testamento di Cristoforo del fu Bartolomeo Borgatti. Il parroco di Renazzo fu tra i primi insieme ai rettori di Corporeno, Malacompra e S.Maria del Salice (Alberone) ad aderire al consorzio dei preti comunali di S.Biagio di Cento, dotato di uno statuto dal 1527. Per trovare altre nozioni sulla chiesa usiamo le visite pastorali al Concilio di Trento, in particolare quella del 1574 che con la visita di Andrea Caligari, deputato del vescovo Ranuzzo Farnese del 22 agosto 1565 informa che il rettore Gerolamo Ferranti di anni 46 aveva una rendita parrocchiale di 88 scudi e che nella chiesa piccola e graziosa vi risiedevano i resti del Sacramento e tutto il necessario dai paramenti, al libro dei matrimoni, al vaso di stagno per l’olio santo. Ancora cita:” Tutti i parrocchiani sono confessati e comunicati, ma persiste il caso di un pubblico peccatore: Giustino Villani che pur essendo sposato tiene presso sè una concubina pure essa sposata da cui ha avuto una figlia. Io stesso ho sorpreso i due in un campo e perciò, per togliere lo scandalo troppo evidente per i tempi, ordino che la donna sia mandata lontano 10 miglia dal paese e l’uomo dovrà evitare in futuro di avere relazioni con lei, con una pena ulteriore di 200 scudi d’oro” cifra che all’epoca era esorbitante, calcolando appunto il reddito dell’intera parrocchia di 88 scudi d’oro all’anno. Altri cenni li abbiamo nella “parva et formosa” del 1573 e nella “Marchesina” del 5 novembre del 1574. Nel 1619 la rendita della parrocchia era salita a 200 scudi d’oro, gli abitanti erano 701 di cui 542 da comunione. Nello stesso periodo fu abbellita da 3 affreschi del pittore locale Giovanni Francesco Barbieri, in arte Il Guercino, che all’epoca aveva circa 22-23 anni dipingendo il miracolo di S.Carlo Borromeo, mentre gli altri due raffiguranti la Madonna col Bambino in trono coi santi Francesco, Antonio Abate e Bovo (rubato nel 1978 e recuperato nel 1984) e la Madonna col Bambino in gloria coi santi Pancrazio e una santa monaca risalgono al 1615. Altri affreschi sembra che fossero presenti ma scomparvero con l’atterramento della vecchia chiesa nel 1751. Nel 1856 il parroco di allora, don Masotti, segnala la presenza di di una nuova immagine dell’immacolata. Questa statua era un lavoro di stucco eseguito da Francesco Pugni e indorata da Antonio Soriani. Tornando alle vicende della chiesa, succede che nella metà del ‘700 era in condizioni disperate, segnalazioni fatte dagli uomini di Renazzo al cardinal legato di Ferrara impongono il cardinal Lambertini ad una visita nel 1733, visita che porta ad una drastica decisione; restaurare o ricostruire? Solo nel 1736 il cardinale invia un perito nella città per una ricognizione, era Alfonso Torreggiani. La sua relazione informa l’ecclesiastico di gravi condizioni dell’edificio e del campanile, ma visto che gli uomini di Renazzo non possedevano in quel periodo i soldi per ricostruire la chiesa, gli impose almeno gli interventi più urgenti, interventi che ammontarono ad una spesa di 2154 lire bolognesi. Nella riunione dei capifamiglia del 1 settembre 1743 viene finalmente deciso di iniziare a risparmiare per la ricostruzione della chiesa, così la primavera successiva (il 20 aprile 1744) gli uomini di Renazzo insieme al mons. Sega decidono di iniziare i lavori di ricostruzione. Purtroppo l’organizzazione per ricavare il denaro per i lavori porta ancora avanti l’iniziativa e la primavera-estate del 1745 si richiesero i permessi ecclesiastici per iniziare i lavori, attribuendo al Dotti le decisioni stilistiche della nuova chiesa. Finalmente il 24 giugno 1745 abbiamo la posa della prima pietra e l’inizio dei lavori. Ci vollero nove anni per terminare i lavori e il 7 febbraio 1754 il vicario di Cento benedì la chiesa e diede il via alle celebrazioni liturgiche. Nel 1793 sotto la guida dell’architetto Venturoli iniziarono i lavori per la costruzione del campanile alto 52m., il famosissimo e bravissimo architetto che però non riuscì a calcolare bene il terreno, così terminati i lavori nel 1799 e solo qualche anno dopo l’edificio incominciò ad inclinarsi. All’inizio del 1800 si pensò di dotare il campanile di dotarlo di un potente concerto di campane, furono progettate 4 campane del peso di 1850 libbre per la maggiore, 1300 per la mediana, 950 per la terza e 600 per la piccola, per un totale di 4700 libbre. Il doppio fuso collocato nel 1819 (fino alla requisizione nel 1943 per esigenze belliche del governo fascista) e presto venne dotato anche di un orologio e nel 1835 venne restaurato. Nel 1855 un’epidemia di colera obbligò gli uomini di Renazzo alla costruzione di un nuovo cimitero, infatti era dal 1851 che questa struttura venne definita inadatta, i lavori finirono nel 1858 con il trasferimento delle ossa dalla vecchia alla nuova struttura. Nel 1863 l’ampia piazza che ospitava il vecchio cimitero, venne adibita a piazza. Per ultimare i lavori alla chiesa, però, dobbiamo andare nel 1900, dove don Domenico Gallerani (1929) convocò un comitato per procedere alla fase finale del restauro. Sotto il controllo dell’ingegner Eligio Mari, la commissione incominciò i lavori ultimati il 12 novembre 1932 con il collaudo.
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